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Recensione: Il Monaco, di Matthew Gregory Lewis

di Matteo Manenti

Il Monaco, datato 1796 e nato dalla penna di Matthew Gregory Lewis, scrittore britannico all’epoca appena ventenne. Un romanzo gotico che fece gran scalpore a suo tempo, per via di elementi che vanno dall’eros all’orrore, dall’incesto alla violenza. Un mescolarsi di nefandezze umane, che potrebbe facilmente far scalpore anche oggi nell’era del grido “chi ci pensa ai bambini?” se pubblicato da qualche grande editore odierno.
L’intricata trama si dirama da Ambrosio, retto e orgoglioso monaco cappuccino capace di incantare le folle con i propri discorsi e la propria personalità ammaliante, la cui caduta nel vizio e nel peccato – lussuria in primis – andrà ad intrecciarsi con le storie d’amore di alcuni malcapitati nobili, in una Madrid assuefatta dall’apparenza del monaco, ove i peggiori peccati e le più oscene tragedie si consumano fra monasteri e conventi e il male più nero viene protetto dalla chiesa stessa, sotto la facciata di santità.

Sulla strada di Ambrosio, spinta da una misteriosa donna a lui vicino, finirà la bella e innocente Antonia, preda del monaco ma anche amata dal nobile Lorenzo, il quale si districherà fra molteplici intrighi incrociati tra l’ottenimento della mano della giovane e la liberazione della propria sorella dal convento, in un susseguirsi di cause ed effetti di cui tutti saranno artefici ignari degli intrighi paralleli con cui si andranno a scontrare.

L’autore ci porta magistralmente in un mondo di spettri e demoni, con una scrittura degna naturalmente del suo tempo, ma che poco è invecchiata e risulta scorrevole alla lettura anche per noi moderni. Tra personaggi intrinsecamente arcigni e invidiosi, se non malvagi, ed altri scioccamente ingenui, Lewis ci porta alla scoperta di un mondo che fu, con le realtà di una società a cavallo tra il tardo medioevo e la modernità dell’autore, dando vita alle superstizioni e paure popolari e rendendole reali per personaggi che si alternano su più strati narrativi.

Singolare la capacità di Lewis di esporre la “storia nella storia”, interrompendo la narrazione primaria e lasciando campo alle narrazioni interne, ove i protagonisti diventano narratori delle loro storie e le loro avventure diventano protagoniste indiscusse, facendo quasi dimenticare al lettore il libro di partenza. Il lettore si trova immerso in un “secondo libro”, con una trama coinvolgente e affascinante tanto quanto quella principale e che si ricollega sempre con un tuffo al “presente”, riportando improvvisamente l’attenzione a dove la storia si era fermata.

Una capacità davvero ammirevole, che va tuttavia a cozzare con la sbrigatività e superficialità con cui vengono risolve alcune parti: la necessità di mandare avanti il tempo con brevi narrazioni scialbe e apatiche, stiracchiate; meri collegamenti fra le fasi importanti della storia. Fasi necessarie, ma il contrasto con le narrazioni piene e corpose non passa inosservato.

Forti sono le emozioni che traspirano da queste antiche pagine, dai piccoli momenti di eros ben inserito, ai dubbi e alle pulsioni primordiali, al dolore e alle le speranze che il lettore si trova a condividere con i personaggi, con annesse delusioni e ribaltamenti di situazione. Il tutto, però, macchiato da piccoli nei, per lo più concentrati verso un finale che rivela ma non spiega parte delle rivelazioni, unito all’insolita psiche di alcuni personaggi non propriamente allineata con gli eventi subiti, ma forse questo è anche il limite della diversa epoca e mentalità con cui oggi si vive e di conseguenza legge.

Ci sarebbe ancora molto da dire su questo libro e su come sappia mettere in luce l’ipocrisia delle persone (specificatamente in ambito monastico) e il loro ammantarsi nella fede per nascondersi agli occhi del mondo nelle loro orride azioni, ma non intendo rovinarvi la sorpresa di scoprire nel dettaglio tutti questi fattori che rendono unico questo capolavoro di un’altra epoca.

Il mio consiglio è di leggerlo, ma armandosi di buona pazienza e grande attenzione, soprattutto a fronte della mole di nomi e personaggi gettati in pasto al lettore fin dalle prime pagine.

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