Tipo Due - Racconto
Frank controlla di nuovo i numeri. L’intelligenza di bordo ripercorre l’analisi mentre lui tiene fisso il dito contro il monitor.
«Stop.»
Eccole lì. Son giusto un paio di formule, pensa, ma piazzate in quel punto mettono in crisi la rilevazione.
«Ricalcola.»
«Il risultato è corretto.»
«No, non lo è. Hai aggiunto una booleana qui.»
«Perché ci vuole.»
«Ti dico di no. Infatti la rilevazione…»
«La rilevazione è corretta.»
Frank picchietta l’indice contro il monitor. Usa l’unghia fino a sentire la superficie di sintovetro piegarsi.
«Ricalcola.»
«Come vuoi, Frank.»
La luce in cabina si smorza poi riparte. Frank lascia il monitor e passa all’oblò d’osservazione galattica. Nome piuttosto esagerato per un fondo di bottiglia spesso una spanna e sempre appannato, pensa mentre lo strofina con la manica della divisa. Osserva la luce pulsante verso cui si stanno dirigendo. Una massa energetica di Tipo Due. Un’anomalia standard, o almeno, così è stata rilevata dall’intelligenza di bordo. Il solito quasipianeta malformato, oppure una stella nata morta. È presto per dirlo, pensa. E poi non è neppure così importante. Non è lì per capire com’è nata l’anomalia.
Deve solo segnarla.
«Abbiamo già il risultato degli spettrogrammi?»
«Sì.»
«E?»
«La rilevazione è corretta, Frank.»
Ripete fra sé la checklist che ha dovuto imparare a memoria ai corsi di formazione. Tipo Uno, bagliori rossi, forma circolare. Tipo Tre, bagliori verdi, forma lenticolare.
«Il Tipo Due non dovrebbe essere a forma romboidale?»
«Certo.»
«Per cui, la rilevazione è sbagliata.»
«Avvio modalità risparmio energetico.»
«Mi stai ignorando?»
Lo schermo si spegne. Frank torna a osservare l’anomalia. Ripercorre le prassi da seguire in casi come questi: comunicare alla base-stazione la scoperta, fatto. Lanciare sonda di analisi, fatto.
Avvicinarsi per catturare un campione di plasma.
Manca.
«Quali sono i pericoli delle anomalie di Tipo Due?»
«Alterazioni gravitazionali a sezione trasversale.»
«In pratica…»
«La nave rischia di essere sventrata per il lungo, Frank.»
«Siamo attrezzati per questo tipo di prelievi, giusto?»
«Certo, è ovvio.»
«Ma?»
«Nessun ‘ma’. L’abbiamo già fatto centinaia di volte. Vuoi avviare la procedura di avvicinamento?»
«Ok…»
Frank osserva la luce pulsante oltre l’oblò. La forma, il colore. Non può essere una Tipo Due.
«Sai cos’è un cuore?»
«È l’organo che permette la circolazione del sangue negli organismi…»
«No, intendo una cosa diversa.»
«Non ti seguo, Frank.»
«Lo so.»
Non può esistere un’anomalia a forma di cuore, pensa. Non è una forma geometricamente sensata. Eppure, oltre l’oblò lui vede proprio questo: un cuore grande quanto una protostella, sospeso nel nulla galattico. Frank non se ne capacita. E poi, il colore della luce: un arancione caldo, come quello di un fuoco. Un vero fuoco. Si rende conto di non aver mai visto delle fiamme reali. Solo la versione digitale nel sintocaminetto che usano a fine turno nella sala del relax.
«Sai che i nostri antenati usavano il fuoco per scaldarsi e per cucinare?»
«Mi vuoi dire cosa stai pensando, Frank?»
«Niente, niente.»
«Da procedura, siamo tenuti a prelevare un campione e segnare l’anomalia sulle planimetrie stellari. Dobbiamo evitare che questa zona possa essere selezionata come punto di arrivo di un balzo superluminale.»
«Guarda che conosco la procedura.»
«Sicuro? Mi sembri distratto…»
«Sono a posto, grazie della premura.»
«A volte non ti capisco, Frank. La prima analisi è corretta. Si tratta solo dell’ennesima anomalia di Tipo Due, come tante altre che abbiamo tracciato negli ultimi anni. Siamo stati addestrati per questo lavoro. Trovare anomalie e segnarle sulla mappa. Fine.»
«Siamo come quei marinai che secoli fa si son presi la briga di segnare i contorni delle coste e la posizione degli scogli. Nessuno ricorda più il loro nome, ma sono loro che ci hanno permesso di esplorare gli oceani.»
La voce dal monitor esita.
«Come mai sei triste?»
«Non lo so.»
Frank raggiunge la plancia di comando dietro il monitor. Avvia una comunicazione all’equipaggio: prepararsi all’avvicinamento. Aggancia una cinghia fermacarico intorno alla strumentazione e ci si lega anch’esso. La solita manovra, pensa ripetendola come un mantra. Virata, strappo, la nave che muggisce mentre la gravità si piega e aggredisce le saldature. Le sonde che escono dai portelloni laterali e raccolgono il plasma stellare. Inchino e ripartenza coi retrorazzi.
Tutto come sempre. Tutto come da manuale.
Da dove si trova, vede il cuore pulsante inquadrato al centro dell’oblò. Stelle e nebulose intorno sono oscurate dalla sua luce. Sul monitor scorrono i primi dati riguardanti le rilevazioni. Frank si rende conto che sta battendo il piede. Allenta la presa sulle cinghie e fa un giro di controllo degli altri marinai tramite l’interfono. Tutto ok. Nessuno che si lamenta. Nessuno che solleva un dubbio riguardo l’anomalia.
«Che forma vedi là fuori?»
«Non capisco cosa vuoi dire.»
«Non è una domanda complicata. Di che forma è quell’anomalia? Dimmi cosa vedi.»
«Rilevato aumento tensione gravitazionale. Prepararsi al flyby.»
Frank si regge quando uno strappo più forte del previsto lo sbalza di lato. Si sente cadere. Trattiene un conato di vomito quando il suo corpo deve riadattarsi alla differente direzione dello spazio-tempo. Ora è l’anomalia il suo centro di gravità. Il flusso temporale si deforma. Ha fame. Poi sonno. Di nuovo fame. Di nuovo sonno. Ha scelto quel lavoro perché da bambino sognava di fare l’esploratore. Ma era il suo sogno, oppure era stato indotto all’interno dell’incubatrice automatica? Non lo sa. Se lo chiede, mentre si sente precipitare verso il cuore.
«Le sonde hanno prelevato il plasma. Avvio la procedura di sgancio dalla morsa gravitazionale.»
Frank è aggrappato all’oblò. Stanno cadendo verso la luce. Sa che è soltanto temporaneo. Ma ogni volta è come doversi ricalibrare con una nuova realtà. Pensa alle sue cellule che stanno lavorando a velocità diversa, ai suoi pensieri che si ingarbugliano fra passato e presente. La nave si sta piegando nello sforzo di staccarsi dalla morsa gravitazionale. Frank si guarda le gambe. Ha come la sensazione di avere metà corpo che sta andando verso sinistra, mentre l’altro tira verso il basso.
E intanto, ricorda.
Voleva fare l’esploratore. Sognava di scoprire vite aliene, pianeti giardino, isole di Goldilocks immerse nell’eterna alba di una nana rossa. E invece, si trova a segnare delle X su una cartina. A mangiare lo stesso rancio tutte le sere alla stessa ora, a svegliarsi tutti i giorni per svolgere le routine preimpostate dall’intelligenza di bordo. Un mozzo. È solo un mozzo come tanti altri che sono morti prima di lui, affogando invece che esplodendo in assenza di pressione atmosferica. Non fa poi una gran differenza.
Sul monitor compare una stringa rossa.
«Che c’è?»
«…»
«Ci siamo staccati dalla morsa?»
«No. C’è un errore nei dati.»
Frank lotta contro il suo stesso equilibrio per galleggiare verso il monitor. Sente di essere rivolto verso l’alto, ribaltato di centottanta gradi. È solo una questione di percezione, si ripete per ordinare al suo corpo di muoversi. È tutto solo nella sua testa.
«Forse non è un’anomalia di Tipo Due.»
«In che senso?»
«Il plasma che stiamo raccogliendo non corrisponde a un’anomalia tipica.»
«Ma i calcoli erano giusti, me l’hai confermato.»
«Sì.»
«Rispondimi: vedi l’anomalia lì fuori?»
«Sì.»
«Ti ordino: dimmi che forma vedi.»
«Io… non lo so.»
Frank guarda verso il basso, dove c’è l’oblò. Il cuore è ancora lì, perfetto, centrato, pulsante. È vicino. Archi di fiamme si sollevano e si piegano ritorcendosi in trecce ondeggianti. Tocca la parete: è fredda. Controlla i dati esterni: Zero virgola Kelvin. Apre i misuratori di distanza planare: rilevano dello spazio oltre il cuore. Spazio che non dovrebbe esistere. Oltre? Oppure dentro?
Frank si stacca dall’oblò e nuota verso la plancia di comando. Raggiunge una leva, deve ribaltarsi su se stesso per afferrarla.
«Cosa stai facendo?»
Frank non risponde. Luce rossa. La leva non si muove. Va sganciata manualmente. Gira una chiave. Avvia la procedura d’emergenza. Luce rossa. Prova alcuni pulsanti. Luce rossa. Tira un pugno contro i comandi. Urla, o almeno dovrebbe essere sua, la voce che sta urlando alla sua sinistra. Si vede da dietro, mani nei capelli, mentre galleggia immerso nella luce tremula del fuoco.
«Registrata nuova anomalia. Assegnato nome: Tipo Quattro. Effetto di prossimità: trappola psicodivergente. Invio i dati alla base-stazione, Frank?»
Tira la leva, preme il pulsante. Luce rossa. Riprova. Luce rossa. Riprova. Luce rossa.
«Frank?»
Questa è l’occasione della tua vita, Frank. Luce rossa. E la stai perdendo.
«Devo inviare i dati, Frank?»
Luce verde.
I retrorazzi si spengono. La nave smette di tirare per uscire dalla morsa gravitazionale e compie una strambata puntando dritta verso il cuore. Le fiamme riempiono l’oblò.
Dopotutto, ha sempre sognato di fare l’esploratore.
«No.»